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Biagio Cepollaro, Mostra e Reading all’Officina Coviello. 14 settembre 2011 0re 18.30

settembre 7, 2011

Biagio Cepollaro, Icona-4, 2009

 14 settembre ore 18.30

Officina Coviello, via Tadino 20, Milano

L’Intuizione del propizio: lettura e mostra di pittura

 

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ho voluto – o anche: questa vita

di me ha voluto così ora che si raccoglie

che mi sembra di non aver più nulla

da fare e non può essere vero: il freddo

è ancora là, uguale, della stessa

misura degli anni trascorsi al caldo.

è ancora là che fa segni dalla finestra

con l’umidità col giallo dei lampioni

con la minaccia di entrare dentro

in ogni momento perché ogni momento

è buono per essere cattivo.

 

La materia delle parole

Avendo scritto poesie per  trent’anni ho considerato le parole soprattutto come delle sonde per l’esplorazione del senso. Il suono, l’immagine che nella mente scorre, la disposizione grafica sulla pagina: il gioco della poesia si svolge nel continuo rimando tra immagine, suono e senso.

Ma cosa accade quando è proprio la materia della parola a presentarsi in primo piano, nell’oblio del significato, nella sparizione del suono? La parola che s’incarna nella materia è diventata già una traccia di pensiero: i  suoi contorni non appartengono più all’invisibilità delle idee ma al sensibile delle materie. La parola diventa cosa tra cose, un pezzo di muro e di mondo, una superficie rugosa iscritta. Queste tracce concrete del pensiero sono come voci semisepolte nelle cose. Sono le parole guardate da fuori, senza la complicità del senso.

Così ho costruito i miei fondi con le tempere all’uovo: fabbricarsi i colori è come inventare  una propria grammatica. E poi, con questo bagaglio di memoria, ho provato ad incontrare le materie della città, ho provato a piegarle a questo mio disegno: il cemento sulla tela, come l’intonaco minerale, come il catrame o il gesso. Il mordente per  legno  l’ho usato come inchiostro. Sopra e dentro queste superfici graffiate ho fatto serpeggiare e restare i frammenti di versi che in quello stesso momento stavano venendo alla luce, nel dialogo col fondo e con la sua resistenza.

 Biagio Cepollaro

(Dal Catologo, introdotto da Elisabetta Longari, delle mostra La materia delle parole, Galleria Ostrakon, Milano, 2011.)

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Giovanni Anceschi sul lavoro pittorico di Biagio Cepollaro

ottobre 18, 2009

Anticipo qui l’Introduzione al libro Da strato a strato in corso di pubblicazione presso La Camera verde di Roma.
Si tratta di un libro che raccoglie 21 immagini di dipinti su tavola e 21 testi poetici. (B.C.)

Scrittura rinnegata
Sono piuttosto soddisfatto di essere un grafico (cioè un designer – fra l’altro – della scrittura), perché i miei attrezzi conoscitivi mi sembrano abbastanza calzanti rispetto al lavoro di Biagio Cepollaro. Avere un piede nel verbale e uno nel figurale, e essere abituato a pensare che la scrittura ha un apparenza e una fenomenalità, va proprio bene per i quadri di Biagio.
Rispetto alla origine verbale, e poi scrittoria, però è come se Biagio quasi una volta per tutte, oltre che all’avviarsi di ognuna delle sue opere, facesse quanto dice Stefano Agosti a proposito di Klee e della pratica usata da tutti i pittori: il gesto, cioé, di strizzare gli occhi: “Socchiudendo gli occhi il pittore libera forme, masse, volume e colore dai loro vincoli con gli oggetti”, (e per Cepollaro gli oggetti sono “cose scritte”). Strizzando gli occhi il pittore nega, cioé, cancella, oblitera la semantica proprio per mettersi in grado di fare esplodere i valori estesici.
Perché, alla fine, Cepollaro è uno scrittore rinnegato. Cepollaro è felicemente diventato a tutti gli effetti un pittore.
E per fissare il manifestarsi della sua constatazione di essere cambiato farò ricorso alla pratica dubitosa ma croccante dell’aneddoto: alla sua bella mostra, fatta al Laboratorio delle Arti di Piacenza, dopo il dialogo con Rosanna Guida e Italo Testa, io gli ho fatto una richiesta: gli ho chiesto di leggere ad alta voce, le sue opere pittoriche, usandole come partiture della performance di secondo grado… Poesia-pittura e ritorno. Ma Biagio ha proprio recalcitrato e si è impuntato, e questo non come un essere smarrito di fronte a una incapacità, ma al contrario come un essere equipaggiato di una definitiva certezza ontologica. Era cioè un’entità posta di fronte a una impossibilità.
La scrittura insomma è rimasta indietro, preliminare traccia procedurale. I quadri bisogna a questo punto guardarli e goderne rigorosamente senza leggerli, viene da dire. Bisogna godere delle materie, delle trasparenze, dei colori. Dei valori plastici e spaziali, gestuali e timbrici.
Scrivendo – come sto facendo io ora – si è però ineluttabilmente tirati giù nel gorgo del verbale come capita alla formica quando incappa nel grillotalpa e – a conferma, peraltro di quanto vedo e sento – non posso fare a meno di aggrapparmi a quella soglia del testo plastico e pittoriale che è il titolo. Come il bugiardino dei farmaci il titolo è un’istruzione per l’uso. “Grande quadro”, “Pala”.” Polittico”, “Predella”, avanzano l’istanza di iscrivere i lavori di Biagio addirittura nella Storia dell’arte, mentre “Iniziando dal rosso”, “Verso il rosso”,”Redimere il nero”, “Quello che c’è nel nero”, e “Al di là del bianco”, fanno evoluzioni intorno all’elemento certamente principale della pittura e cioè il colore. I suoi lavori si presentano talvolta come “Icone”; non però quelle della semiotica ma quelle delle ritualità mistiche della confessione ortodossa. Perché sono soprattutto “Tabulae” dell’anafora e praticamente mai sono figure della raffigurazione.
E infine i titoli ci dicono anche che cosa è rimasto della scrittura. Della linearità e della sequenzialità della scrittura è rimasto il tempo. C’è un titolo che dice: “Squadernare” (e non “Squadernato”), un altro che dice: “Intanto”, uno: “Nel prima il poi”, un altro: “Spirito in costruzione”, e poi esplicitamente: “Tempo che viene”.
E, infine, della poesia è rimasto qualcosa? Io direi che è rimasta la sostanza: i greci dicevano poiéin e Biagio parla sempre di fare un quadro.
Giovanni Anceschi, 2009

Foto dell’inaugurazione della mostra al Laboratorio delle arti di Piacenza

giugno 15, 2009

locandina

 

1

 

 

gruppo2

 

Italo Testa-Biagio Cepollaro

Italo Testa-Biagio Cepollaro

 

Fausto pagliano- Laura Crippa

Fausto Pagliano- Laura Crippa

Biagio Cepollaro- Rosanna Guida

Biagio Cepollaro- Rosanna Guida

Milli Graffi-Biagio Cepollaro-William Xerra

Milli Graffi-Biagio Cepollaro-William Xerra

Giovanni Anceschi-Biagio Cepollaro

Giovanni Anceschi-Biagio Cepollaro

gruppo-oo
W. Xerra- E.Gazzola

W. Xerra- E.Gazzola

 

2
William Xerra-Biagio Cepollaro

William Xerra-Biagio Cepollaro

visitatore-1
visitatore-2
lettura2
Per il videocatalogo della mostra: http://www.youtube.com/watch?v=z8GWUo2Bvns

Davide Racca, Inorganica vicenda, 2008

novembre 21, 2008
Davide Racca, Inorganica vicenda,2008

Davide Racca, Inorganica vicenda,2008

Davide Racca, Inorganica vicenda,2008

Sabato 22 novembre, dalle ore 18:00

in Camera verde

 (Roma, Via Giovanni Miani 2)

 

Inaugurazione della mostra di pittura e

presentazione del libro

 

INORGANICA VICENDA

 

di Davide Racca

 [ introduzione di Giuliano Mesa ]

 

La camera verde è in Via Giovanni Miani 20 – 00154 Roma

tel. 340-5263877

e-mail: lacameraverde [at] tiscali [dot] it

 

APPUNTI SUL LAVORO – INORGANICA VICENDA

 

 

 

Una via – alcuni punti

 

 

·        I versi sono frammenti del tessuto poetico. Ciò che mi interessa dei versi è la loro icasticità.

 

·        Al di là delle connessioni semantico-timbriche all’interno di una poesia, un verso può vivere anche da solo. Ma diversamente.

 

·        Questo sottrarre verso alla poesia, non è citazione. Fosse così, mi limiterei a trascrivere un verso in un certo modo. Il mio operare sarebbe un copia-incolla. La mia azione artistica si fermerebbe ad una scelta.

 

·        La scelta dei versi è finalizzata ad una loro espansione semantica. Per questi lavori parlerei di – disegni semantici, che cercano di espandere il senso e il significato delle parole al di fuori dal contesto poetico cui ineriscono – in unione con il colore.

 

·        Qui comincia il discorso autonomo della parola e del colore – insieme.

 

·        Le parole sono il limite delle cose. Così i colori. Nel momento in cui qualcosa significa siamo nel limite della cosa significante verso altra cosa. Dunque la parola è un segno che nel suo limite si proietta verso altro. Così il colore, nella sua forma, si getta verso altra forma – ed è allo stesso tempo il proprio limite e il suo attraversamento.

 

·        Il colore resta nella forma e se ne allontana, come la parola nel suo significato – allontanandosi dal contesto originario. In questo modo si cerca un’espansione semantica della parola nel colore e del colore nella parola.

 

·        È andando alla ricerca del segno che trovo un continuo entrare e uscire della parola nel colore, e viceversa.

 

·        L’agglutinazione della parola e del colore fa sì che si legge ciò che si vede e si vede ciò che si legge.

 

·        Si potrebbe dunque pensare ad un’illustrazione delle parole. Ma sarei fuori l’oggetto-visivo che mi interessa. Un’illustrazione è lavoro per immagini di un contenuto di cui si è occupata la parola separatamente. L’illustrazione cerca lo stesso oggetto della parola però scissa dalla parola. Qui, invece, contenuto e forma non vogliono scindersi – come non vogliono separarsi la parola e il colore. La parola è la forma e il contenuto del disegno, come il colore. Parola e colore fanno tutt’uno – divenendo disegno semantico.

 

·        Il metodo di unione è dato dal processo mentale che avvicina i due segni (parola e colore) – influenzandoli reciprocamente. Dal bianco del foglio al colore la parola si immerge,  prendendo lo spazio che necessita per darsi senso. Essa è solcata nel foglio e bruciata.

 

·        L’incisione della parola è la cifra della sua penetrazione nella carta – lì dove l’acqua filtra il pigmento per il water-color, facendo del foglio un unico inseparabile.   

 

·        La sequenza dei fogli – nel contesto del ciclo  – è un’intensificazione di senso dei disegni semantici, che possono prendersi nella loro singolarità e nel loro concatenamento. Ogni disegno è pensato in sé e nella sua appartenenza all’insieme ciclico – come ulteriore espansione e accumulo di senso.

 

Davide Racca

 

 

 

 

 

 

Biagio Cepollaro, Tamburo di Shiva-1, 2008

agosto 11, 2008
Biagio Cepollaro, Tamburo di Shiva-1, 2008

Biagio Cepollaro, Tamburo di Shiva-1, 2008

Biagio Cepollaro, Tamburo di Shiva-1, 2008
Stampato su tela cm 29,7 x 42.
Intervento successivo con tecnica mista.

In esposizione dal 20 settembre 2008 presso La Camera Verde, Via Giovanni Miani, 20, 20/a, 20/b – 00154 Roma

Cell. 340 5263877

e-mail: lacameraverde@tiscalinet.it

www.lacameraverde.com